Chi legge e chi scrive

Questo paese è costantemente fanalino di coda nelle classifiche dei lettori: gli italiani leggono poco, è risaputo, e quando un giornale, un blog, un esperto ricorda questa realtà, ecco lì che parte la gogna per stabilire di chi sia la colpa (immancabilmente tra i colpevoli accreditati troviamo la famiglia e la scuole e io, in qualità di madre e donna che lavora e crede nella scuola, mi batto il cinque da sola).

Punto uno: i libri non hanno un gran mercato in Italia.

Da quanto mi pare di capire i libri li compriamo in pochi ma quei pochi, quando viene diffusa la notizia di fissare uno sconto massimo invalicabile sui libri, si ribellano in massa (giustamente, e che cavolo!!) pensando che almeno, se sono gli unici a tenere altro il livello culturale del paese, possano farlo senza svenarsi.

Vogliamo aggiungere la polemica sul costo dei libri in formato digitale? va bene che l’autore deve essere retribuito per il suo lavoro; va bene che pure l’editor deve mangiare; va bene che la casa editrice debba pagare le tasse e le utenze; ma porca miseria il costo della carta e della stampa è così marginale da vendere la versione digitale allo stesso importo della versione cartacea? a quanto pare sì.

Punto due. I libri costano, comunque li compri.

Ma parliamo di quali libri si vendono in Italia. Perché di recente sono stata alcuni giorni all’estero, in Spagna per la precisione, e dato che in passato parlavo discretamente spagnolo (ora ho seri problemi pure con il dialetto, per non parlare dell’italiano) ho deciso di acquistare qualche libro alla libreria dell’aeroporto. Nel reparto dei libri più venduti ne ho trovati due firmati da due premi Nobel per l’economia. Non sto scherzando. Non dico balle. Joseph Stiglitz e Paul Krugman in mezzo all’equivalente di Dan Brown. Non mi trovavo nella versione catalana dell’Einaudi, ma nell’equivalente dell’edicola di Quattrocase e così al volo potevo acquistare una storia romantica (bleahhhh!!), un libro di cucina (già meglio) o l’ultima disquisizione sulla distribuzione della ricchezza.

Ora provate ad andare nella corsia dei libri del vostro ipermercato di fiducia e ditemi che libri trovate.

In Italia i libri li scrivono i cabarettisti, i comici (no, non sto criticando Giorgio Faletti, pace all’anima sua), quelli che hanno fatto fortuna andando in televisione, quelli che avevano fortuna ma sono andati in prigione, quelli che vogliono insegnare al mondo come si sta al mondo, quelli che devono far vedere al mondo quanto fighi sono.

Punto tre. In Italia pubblicano tanta roba che non vale il costo della carta su cui è stampata e, lo abbiamo capito, il costo della carta è marginale.

In compenso, data l’incredibile offerta di testi, si è evidentemente diffusa l’idea che tutti possono scrivere, perché una delle classifiche dove l’Italia primeggia è quella del numero di cittadini che hanno scritto o pensato di scrivere un libro.

Provate a digitare su google una frase del tipo “consigli per scrivere” oppure “come scrivere un libro” e guardate quante pagine trovate; probabilmente solo le ricerche a tema porno trovano più risultati ma credo, con ragionevole certezza, che la scrittura sia l’attività dove l’italiano medio si sente insolitamente ferrato. Poco importa se nei siti di consigli per i futuri scrittori trovi errori di ortografia, chi fa più caso alla grammatica al giorno d’oggi! (qua mi sento di precisarlo: sto facendo dell’ironia).

Punto quattro. Secondo l’italiano medio scrivere è una bazzecola.

Ripercorrendo il mio ragionamento non mi sorprendo che in giro si legga tanta ignoranza nella gente. Non parlo di nozioni, non parlo di titoli di studio; parlo proprio di capacità di comprendere un testo; capire le istruzioni; provare empatia; tentare di immedesimarsi nelle sofferenze altrui; pensare in grande; sognare. Parlo di immaginazione; parlo di oltrepassare i confini, mentali e geografici, della propria esistenza. E sì, parlo anche di imparare cose nuove; essere curiosi, interessarsi a qualcosa di cui non si conosceva l’esistenza, emozionarsi, non smettere mai di imparare.

I libri trasmettono cultura. Io non vedo altro canale così potente; non voglio dire che i libri siano l’unico strumento depositario del sapere, giammai, ma dietro a un libro ben fatto trovi il lavoro di diverse professionalità che si coordinano in modo ottimale per arrivare al risultato finale.

Punto cinque. La cultura non è di moda o, per dirla alla maniera di oggi, non procura follower o cuoricini o visibilità.

E’ molto triste vivere nel mondo di oggi.

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