Un singolo momento di lucidità

Una volta alla settimana esco di buon’ora e vado con l’auto al supermercato di quartiere, che si trova a circa mezzo chilometro da casa mia; prendo un carrello, mi metto in fila a rigorosa distanza dalle altre persone e attendo che venga il mio turno per fare la spesa. Ho sempre la lista molto dettagliata di ciò che devo acquistare e passo in ogni corsia in modo da non dimenticare nulla. Tutto questo indossando guanti monouso in lattice (mascherina no, non è dato trovarne senza pagarle un rene) e soprattutto mantenendo la dovuta distanza da tutti. Al termine vado alla cassa-fai-da-te; scarico e passo sul lettore tutti gli articoli uno a uno, pago carico tutto di nuovo nel carrello. A quel punto sono pronta per tornare a casa a iniziare la mia giornata lavorativa in smart- working.

Una volta alla settimana mi alzo, faccio colazione, mi vesto e mi trucco per bene e mi dirigo in ufficio. Ci ritroviamo in 4, a volte 5 persone; ci raccontiamo come va e facciamo ciò che non riusciamo a fare da smart-working, oltre recuperare materiali e verificare che l’edificio sia intatto.

Gli altri giorni lavoro da casa. Mi sveglio presto e mi preparo. Mi vesto ma senza fronzoli. Non metto mai le scarpe. Non mi trucco ma faccio una ricca skin care. Pulisco la scrivania e ci metto sopra agenda e appunti di lavoro e alle 8 inizio. Spesso sono al telefono o in conference-call coi colleghi. A metà mattina mi faccio un secondo caffè e a volte ce lo beviamo tutti insieme commentando amenità, come facevamo in ufficio. Faccio un’altra pausa per mangiare qualcosa, ma mi sposto rigorosamente in cucina per staccare. Lavoro fino a metà pomeriggio poi chiudo tutto fino al giorno successivo o al lunedì.

Al sabato riposo. Faccio il caffè e lo bevo a letto. Coccolo i gatti che mi dormono accanto. Sfoglio le notizie. Leggo un libro. Faccio shopping online. Faccio tutto con molta calma. “Senza fretta” è il motto del sabato.

Le altre uscite fuori da casa, oltre la spesa e l’ufficio, consistono nella pulizia delle lettiere sul balcone. Quotidianamente.

Nel resto del tempo cucino e mi prendo cura dei ragazzi. Cerco di fare un po’ di yoga, un po’ di step. Ascolto musica. Sperimento ricette insolite. Faccio apertitivi tramite Skype. Guardo serie tv sceme che non conoscevo. Mi rifugio in film che ho visto mille volte.

Sto facendo tutto come va fatto, come dicono i vari articoli di consigli su “come fare quando devi lavorare da casa“. Seguo le regole. Rigo dritto. Alla ricerca perenne di un equilibrio. Ma sembra che l’asticella venga portata sempre più in alto. Sembra che l’equilibrio sia un miraggio lontano. Comincio a chiedermi seriamente se l’equilibrio sia una cosa per me.

Forse è esattamente questo il fulcro dell’invecchiare. Capire che un equilibrio non esiste.

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