Mi sono immaginata in un qualunque chiosco di Rimini a mangiare una gustosa piada con squacquerone e rucola bevendo birra ghiacciata. Mi manca.
Ho ripensato a come sia bello girovagare per le libreria e curiosare tra le nuove uscite; farsi attirare da un titolo strano o da un autore dal nome esotico o, molto banalmente, dalla copertina e scegliere di sfogliarne le pagine e leggerne la terza di copertina. Mi manca.
Mi sono ricordata di quando andavo nella grande profumeria della mia città solo per tirarmi su di morale, con lo stesso spirito con cui entravo nella libreria del cinema prima che iniziasse il film, per vedere i colori del momento o farmi avvolgere in una nuvola di profumo. Mi manca.
A volte dopo il lavoro passavo dalla mia amica, poco distante, solo per fare due chiacchiere e condividere un caffè o una tazza di tè; lei mi parlava del suo ex che immancabilmente si era rifatto vivo, io le dicevo che era una scema a ripigliarlo. Mi manca.
A meno di un chilometro da dove lavoro c’è una grande gelateria; ci divide il parco. Dedicavo la pausa pranzo a passeggiare e mi mangiavo una focaccia enorme farcita con almeno un nuovo gusto di gelato ogni volta. Magari non era il pranzo più salutista al mondo, ma tra la passeggiata al sole e la dolcezza del gelato, che adoro, la giornata si raddrizzava sempre un po’. Mi manca.
Altre volte in pausa pranzo andavo al supermercato, quello dopo la gelateria, e mi prendevo uno spuntino e un succo di frutta e mi compravo mazzetti economici di piccole rose; facevo la mia passeggiata e alla sera tornavo a casa con i fiori. Dopo alcuni giorni producevo acqua di rose per me e le amiche. Mi manca.
Il bicchiere di Prosecco prima di entrare al cinema. La domenica fuori a pranzo verso la montagna o in centro storico. Le gare della MotoGp a casa di mio fratello mangiando e bevendo ottimo vino. Il cinema. Il cinema in inglese. Le chiacchiere con le amiche. Andare dalla parrucchiera e dall’estetista. La passeggiata in centro al sabato pomeriggio. Mi manca tutto questo. Mi manca.
In compenso da quando è iniziata la quarantena conosco ogni ingrediente di ciò che mangio. Cucino e organizzo pasti senza sprechi. Sperimento ricette. Sfrutto la planetaria. Mi organizzo per la spesa in modo ottimale: vado al supermercato solo una volta alla settimana, in quello vicino a casa che vende solo alimentari. Sto completando la produzione di lievito madre che, ammettiamolo, in un qualunque altro momento mai e poi mai mi sarebbe venuto in mente di avviare.
Bevo meno alcool. Faccio molti meno aperitivi perché su Skype, ok è carino, ma proprio il massimo non è. Non bevo più il caffè della macchinetta che alla lunga spacca lo stomaco. L’ultimo pieno all’auto l’ho fatto a febbraio e guido un’utilitaria. Chiamo i miei genitori molto più spesso. Trascorro più tempo con i miei figli (per forza, sono obbligati in casa pure loro!).
Guardo serie tv cretine che però mi incuriosiscono. Coccolo i gatti fino a sfinirli. Spendo molto meno. Non ho il patema di prenotare per le vacanze. Promuovo i negozi locali che consegnano a domicilio frutta e verdura; anche biologica. Ho chiamato persone e amiche che non sentivo da tempo ma che ho risentito tanto volentieri: “ciao come va? hai bisogno di qualcosa?“. Leggo. A tratti tanto o poco, a seconda del libro in cui incappo. Ho riflettuto lucidamente, a freddo, su alcune questioni della mia vita dello scorso anno e mi sono rincuorata da sola.
Voglio concentrarmi sulle cose positive che questa quarantena mi ha imposto.
Desidero pensare di poter conservare il buono da questa situazione.
Perché, ammettiamolo, la quarantena finirà pure prima o poi, ma nulla sarà più come prima.