Quarantena. Giorni 1, 2 e 3

il

E alla fine è toccata pure a me. Mi ha sfiorato, ho dribblato, ha colpito alla mia destra e alla mia sinistra, ho fatto del mio meglio per starne fuori ma è giunta la mia ora. Sono in quarantena.

Ma partiamo dall’inizio.

Sabato mattina, mi godo il tepore del letto, ho già fatto il caffè e coccolo il gatto. Sul cellulare vedo l’avviso secondo cui ho un nuovo documento nel Fascicolo Sanitario Elettronico e penso: “dai che ho l’impegnativa per fare gli esami del sangue, adesso prenoto!” mentre apro il documento che dice: Emergenza COVID19.

Estrema sintesi del documento: hai avuto un contatto stretto con un positivo quindi devi stare chiusa a casa in quarantena per 14 giorni e seguire queste regole, seguono due pagine di indicazioni.

Ho chiuso il documento. Ho fatto finta di non capire.

Dopo 10 minuti l’ho riletto. Diceva proprio: “contatto stretto con un positivo“. Ho imprecato in una lingua sconosciuta ai più, ma diffusa tra i componenti della mia famiglia. Poi ho iniziato a ragionare sui giorni, su dove ero stata, su quali situazioni erano tracciabili, nel tentativo di individuare l’untore maledetto che mi è stato vicino (ma come si permette??).

Ho pure accarezzato l’ingenua idea di non essere io la destinataria del documento, in fin dei conti ho 3 o 4 omonime solo in regione e per l’ennesima volta l’ho riletto: mia data di nascita, mio codice fiscale, mio indirizzo, porca di una miseria-vacca-ladra non si sono sbagliati.

Infine il mattone. Il documento era del giorno precedente, venerdì, e io ho avuto un flashback come quando nei film la protagonista rivede tutta la sua vita all’indietro in pochi istanti e io ho rivisto il mio venerdì fatto di normale lavoro in ufficio, poi sono andata in posta e mi sono allungata in centro per comprare una cosa. Morta. Sono morta. Il mio primo giorno di quarantena l’ho sostanzialmente trascorso ignara a spasso per la città. Ho controllato l’ora del documento. Pomeriggio, venerdì pomeriggio, per la miseria concederete alla gente 12 ore per leggere le robe, dico io?

Il mio primo giorno di quarantena è stato il più facile perché non sapevo di essere in quarantena ed ero contenta fosse venerdì.

Il secondo giorno di quarantena è iniziato con un sentimento di scoramento misto a preoccupazione.

Poi ha prevalso la me stessa capo-del-mondo-organizzatrice, ho pulito e sanificato casa e ho fatto pelo e contropelo alle indicazioni per la quarantena.

è per questo motivo che nel bagno trovi post-it sullo specchio che indicano quali asciugamani sono miei e quali dei miei figli. È per questo motivo che quando esco dalla mia stanza, ribattezzata lazzaretto provvisorio, indosso la mascherina chirurgica (mascherine di Natale tra l’altro, ne avevo comprato un pacco da 25 e ne avevo usate 3, ora hanno un senso). È per questo motivo che, dove passo, spruzzo la soluzione di alcool come una forsennata.

Entri nella mia casa e senti odore di alcool, ma purtroppo non mi riferisco al rum o al vino.

Lo scoramento si è tramutato in un’incazzatura costante e in un precario equilibrio mentale.

Nei prossimi giorni, durante i quali dovrò capire come lavorare, ci sarà da divertirsi (aiuto).

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