Ebbene sì, le settimane si susseguono, la burocrazia fa il suo corso, il Tribunale lavora anche se c’è la pandemia e i giudici emettono sentenze a distanza. Sono divorziata. Sono ufficialmente divorziata da una manciata di giorni e da ora, quando dovrò compilare la casella stato civile, la risposta sarà sempre inesorabilmente immutabilmente la stessa.
Non è gioia e non è tristezza, i miei stati d’animo rispetto a questa porta della vita sono molto semplici: rassegnazione, era da chiudere, era marcia, non teneva fuori il brutto e non lasciava passare il bello, era ora di mandarla al macero. E così è stato.
Il divorzio è stata occasione per pensare più ampiamente alle mie relazioni. Alla fine le ho troncate; tutte le ho troncate, il più delle volte per esasperazione, portata all’estremo, senza poter fare diversamente, ma molto spesso io ho messo la parola FINE. Anche se ancora amavo.
Le dinamiche relazionali sono un casino, quando dovrebbe essere una cosa semplice. Eppure ho impiegato un sacco di tempo a capire che la persona di cui mi devo più curare sono io, quindi, forse, e ripeto forse, verrà il giorno che capirò qualcosa in più anche delle relazioni.
Fingo di crederci perché tanto lo so che il mio cuore è anarchico.
Nel frattempo ho raggiunto la consapevolezza che l’amore è sopravvalutato; se la vita è una torta, allora l’amore è la ciliegina. Ma credo sia meglio scegliere bene la torta e io voglio abbuffarmi di torta, non di dettagli.
A costo di usare mascara a prova di lacrime per tutta la vita.