Sabato ho preso un giorno di ferie e sono partita per Trieste. Esatto. Di nuovo.

Questa volta, contrariamente a tutte le altre, non mi sono fermata al Castello Miramare prima di entrare in città e sono andata dritta a posare i bagagli in hotel e poi a passeggiare fino al Caffè Tommaseo, che è il mio angolino speciale di Trieste.

Ho trovato la leggerezza sorseggiando il Sauvignon guardando il mare.

Ho ammirato le meduse che, come me, si godevano la città.

Mi sono addentrata nel caos di Frida Kahlo e ho riletto la sua storia.

Ho camminato un numero sterminato di passi, secondo il mio cellulare, ma non secondo le mie gambe.

Ho mangiato un sacco di pesce, la zuppa di moscardini e polenta ben due volte.

Mi sono bagnata sotto alla pioggia.

Ho pranzato con un tramezzino al tonno, nella mia migliore tradizione da vacanziera.

Ho scalato la salita fino alla Cattedrale di San Giusto (ok, non è nulla di bestiale, lo so).

Non ho preso la barca, questo giro è stato solo di terra.

Non sono tornata a casa domenica sera come programmato, ma il giorno dopo, così ho potuto rifare tutto, di nuovo: ancora Sauvignon, ancora passeggiate, ancora moscardini e polenta, ancora ottimo caffè, ancora saluto alle meduse.

Ci voleva che una gomma prendesse un muretto per far sì che riposassi un giorno in più. E capissi, al mattino dopo, che avevo davvero bisogno di staccare 3 giorni.

ps: e anche questa volta non sono salita sul Faro della Vittoria. Evidentemente devo tornare ancora.