Ultimo regalo che mi ha fatto Trieste. Ultimo ultimo

Era quel tranquillo momento della sera quando la gente del giorno è già tornata a casa dal lavoro e la gente della notte deve ancora arrivare al Birdland. Dalla finestra dell’albergo guardava Broadway farsi viscida e buia sotto una pioggia indecisa. Si versò da bere e posò una pila di canzoni di Sinatra sul piatto del giradischi… toccò quel telefono che non squillava mai e tornò alla finestra.

Geoff Dyer, Natura morta con custodia di sax. Storie di jazz

E’ stato perché ho sentito queste parole che mi sono avvicinata al palco allestito in Piazza Verdi, in pieno centro di Trieste, quella domenica mattina. Era stranamente soleggiato, dopo la pioggia persistente del giorno prima, e mi godevo le ultime ore della mia breve vacanza a nord-est prima di rientrare nei ranghi familiari e lavorativi. Sul palco una curiosa combinazione di artisti faceva il tipico check sound: voce, pianoforte, saxofono.

Poco dopo ci siamo accomodate per assistere allo spettacolo, abbastanza vicino per goderne appieno ma pur sempre defilate, opportunamente distanziate, mascherate e con le mane unte di gel disinfettante.

Ed è stato incantevole.

Musica narrata? narrazione musicata? come si chiama quando una voce sicura e suadente recita un testo colmo di immagini e suggestioni sui grandi del jazz? chiamatela serenità, chiamatela bellezza o più semplicemente arte. Io l’ho definito dono, l’ennesimo dono che Trieste mi ha offerto nella mia breve permanenza. Ci siamo sentite fortunate ad essere lì esattamente in quel momento a farci trasportare sul palco del Birdland, sui marciapiedi di New York, nella vita privata di Chet Baker, tra le parole e la musica, il piano e il saxofono.

L’arte è in grado di trasmettere grandissime bellissime emozioni e farti sentire un vuoto affamante quando manca. Lorenzo Acquaviva, questo il suo nome, prima di lasciare il palco ha sottolineato come quello potesse essere il suo ultimo spettacolo; il suo ultimo ultimo spettacolo. E ha ricordato come, non solo attori e sceneggiatori vivano di teatro e cinema, ma come l’arte impieghi anche tante figure tecniche e come il futuro di ognuno di loro fosse in bilico.

Tutto a un tratto mi è tornata alla memoria la tristezza del vivere senza cinema, senza teatro, senza spettacoli dal vivo e mi ha preso la tristezza. Non vado al cinema da marzo, esattamente il giorno prima che la mia provincia diventasse zona rossa. Non vedo un concerto a pagamento da oltre un anno. Teatro non ne parliamo, così come il balletto.

Non si vive di sola pizza o focaccia. Non si può vivere di aperitivi fatti online con le amiche, di lavoro dalla scrivania della propria casa lontano dal resto mondo, di shopping esclusivamente dietro a uno schermo. Non è vita quella che dipingi da solo nella tua casa senza alcuno stimolo artistico.

L’arte genera arte. Le persone che si nutrono d’arte sono più empatiche, più pronte ad affrontare le difficoltà, ad aiutare il prossimo. Sanno cos’è la bellezza. E ne abbiamo un bisogno straripante, urlante, di bellezza. Ne abbiamo un bisogno antico, come mai io abbia ricordo.

Foto ricordo al termine del check sound
Foto ricordo al termine del check sound

L’arte genera arte e questi sono alcuni link di contesto:

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